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Gli incontri tra gli allievi e i
tecnici della Forestale di Vallombrosa hanno avuto come tema la vita della foresta e
i suoi rapporti con l'ambiente circostante.
In un primo incontro sono stati trattati temi generali riguardanti la salute della foresta
e l'influenza della città sul microclima di Vallombrosa; in un altro incontro sono
state affrontate problematiche più attinenti alla vita della foresta e al suo futuro.
LA CITTA' E LA FORESTA
Firenze può esercitare la sua influenza anche su Vallombrosa: agli inquinanti
caratteristici del territorio intorno a Vallombrosa (industrie chimiche e farmaceutiche,
dei laterizi, centrali termoelettriche, traffico veicolare ed aereo) si aggiungono quelli
di provenienza cittadina, dello stesso tipo ma in concentrazioni più elevate, ed
addirittura di tipo particolare come i tensioattivi che, trasportati dai fiumi fino al
mare e quindi presenti nell'aerosol marino, arrivano fino alla foresta nelle
giornate di forti libecciate.
Le piante quindi sono esposte a possibili danneggiamenti: i moti di aria quotidiani,
le brezze serali ascendenti verso Vallombrosa, vero crocevia di tre vallate vicine e
comunicanti (Valdarno Mugello e vallata fiorentina) , sono quotidiani vettori di
inquinamento, aggravato dal ristagno d'aria invernale e dalla nebbia, dove gli inquinanti
si concentrano da 10 a 100 volte di più. Le piante possono subire danni nel complesso
fogliare, in particolare negli organi responsabili dello scambio idrico (ingiallimento
precoce), può essere dissolta la pellicola di grassi che protegge foglie ed aghi, i
complessi forestali possono essere indeboliti strutturalmente a causa dell'impoverimento e
della acidificazione dei suoli, con diminuita resistenza alle malattie e limitazione nella
crescita e nella riproduzione. Anche l'ozono svolge la sua azione dannosa sulla foresta:
misurazioni effettuate dalla Forestale a Vallombrosa evidenziavano che la sera, nei
periodi estivi, la concentrazione di O3 si alzava dalle 17 alle 20 in
corrispondenza delle brezze di valle. La foresta tuttavia sembra in grado, almeno per ora,
di reagire a tali avversità, mantenendo buone condizioni vegetative.
LA VITA DELLA FORESTA NEI SECOLI
Nel secondo incontro il tema del dialogo con i tecnici della Forestale è stato la
foresta, da entità economica e spirituale dei tempi passati all'aspetto odierno di
patrimonio di tutti.
Inizialmente la
foresta non aveva le caratteristiche attuali, ma era costituita da piccoli nuclei di
boschi naturali misti. Dal 400 in poi i monaci introdussero nella foresta , di tipo
naturale, la coltivazione dell'abete bianco, una pianta che dava il legname più pregiato
per utilizzazioni civili e militari, dando vita a un bosco sempre più esteso di tipo
artificiale. I tronchi, lunghi , lisci e senza troppi nodi, andavano molto bene per le
costruzioni di alberi delle navi, di architravi di case, di macchinari e carpenteria di
uso bellico.
Le attività spirituali dei monaci dell'Abbazia ben si conciliavano con la bellezza e
l'esclusività della foresta: il bosco era luogo di riflessione, ma anche sicura
fonte di sostentamento economico con il commercio del legname.
La coltivazione delle piante fu pianificata in modo tale da creare aree di abeti della
stessa età (coetanei), che dopo circa 100 anni di vita avevano tronchi dalle
caratteristiche migliori, che quindi potevano essere tagliati. Per non doversi trovare
senza abeti perché tutti tagliati, i monaci introdussero la rotazione di
coltivazione e taglio delle aree di abetine, che consisteva nel taglio raso , ogni anno,
di un'area di abetina avente 100 anni e nel piantare contemporaneamente un'uguale area di
nuovi alberi, mantenendo così intatto il patrimonio boschivo (assestamento
della foresta). La razionalizzazione della coltivazione creò intorno all'Abbazia
ettari di bosco specifici per tipi di piante pure e coetanee.
Queste attività sono state continuate nei secoli successivi, anche quando la
gestione della foresta passò , dal 1866, al Corpo Forestale dello Stato, seguendo le
alterne vicissitudini storiche con periodi di crescita e di impoverimento, permettendo
sempre di usufruire di una importante fonte di legname pregiato. Negli anni successivi al
1970 non ci fu più un guadagno economico apprezzabile, per l'avvento di altri materiali
da costruzione e nuove tecnologie che facevano a meno del legno. Quando venne meno il
profitto derivante dal taglio degli alberi, l'unico modo per mantenere attiva la
gestione della foresta, preservandone le caratteristiche, fu la classificazione come
Riserva Naturale Biogenetica, avvenuta nel 1977: ma già alla fine degli anni '60 era
finito il taglio raso degli alberi necessario per reimpiantare nuove abetine, e
contemporaneamente le abetine più vecchie (135 - 140 anni) mostravano segni di
deperimento con essiccamenti, sradicamenti e stroncamenti.
Negli anni '80 cominciarono a manifestarsi più evidenti fenomeni di deperimento delle
piante, quali necrosi essiccamento perdita di chioma e ingiallimento precoce, abbastanza
simili a quelli presentati dalle foreste del nord Europa, dovuti forse a aggressione di
inquinanti atmosferici, o a mancate cure e acclimatamento in particolare degli abeti.
Attualmente questi fenomeni sono quasi del tutto scomparsi, registrandosi esclusivamente
una morte fisiologica di circa una pianta per ettaro di bosco ogni anno, su un totale di
circa 1400 ettari di foresta .
L'indirizzo attuale della gestione della Riserva Naturale Biogenetica di Vallombrosa
da parte del Corpo Forestale è quello di ricreare un bosco naturale, quindi in
gran parte misto, più in equilibrio con l'ambiente e il clima caratteristico della zona
rispetto a quello formato artificialmente da abetine, conservando, e curando
opportunamente, le abetine pure in una zona limitata intorno all'Abbazia.
RIFLESSIONI
A conclusione degli incontri gli allievi hanno riflettuto sul fatto che le risposte ai
problemi ambientali sono urgenti ma difficili: non bastano interventi quali
l'applicazione rigorosa delle norme vigenti in materia di salvaguardia ambientale,
uno stile di vita meno inquinante, una conservazione del patrimonio boschivo
intatto. Come si deve intervenire sulle fonti di inquinamento, così si deve anche curare
attivamente lo stato dei beni naturali in nostro possesso, in particolare la foresta di
Vallombrosa, così vicina alla nostra città, che necessita di una gestione che la
rivalorizzi e la renda veramente patrimonio di tutti.
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