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DIOSSINE
La storia dei composti clorurati di sintesi ha
avuto inizio nella cittadina di Midland (Michigan), ad opera di Mr. Dow, fondatore della
Dow Chemical, il quale scoprì nel 1900 il modo di separare il comune sale da cucina in
atomi di sodio e di cloro.
In un primo momento il cloro venne considerato un inutile sottoprodotto, ma presto si
scoprì come unirlo a idrocarburi derivati dal petrolio, originando così una moltitudine
di composti che, dal decennio 1930-40 in poi, costituirono una produzione industriale
imponente di solventi, pesticidi, disinfettanti, materie plastiche ed affini.
Questi composti clorurati, sia durante il processo produttivo che in seguito a
combustione, liberano alcuni sottoprodotti indesiderati, tra i quali le diossine. Diossina
è il nome comune usato per indicare dibenzo-p-diossine e dibenzofurani. Si tratta di
sostanze caratterizzate da una distribuzione pressoché ubiquitaria come contaminanti
ambientali persistenti, formate da idrocarburi aromatici legati ad atomi di cloro più o
meno numerosi(figura 1).
Figura 1, formula di struttura delle diossine.
Nella terminologia corrente il termine diossina è spesso usato come sinonimo di TCDD o 2,3,7,8-tetracloro-dibenzo-p-diossina(figura 2):
Figura 2, 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina.
in realtà si conoscono 210 tipi diversi tra diossine (73 tipi) e furani, strettamente correlati per caratteristiche e tossicità (figure3, 4, 5).
Figura 3, TCDD e composti correlati (Zacharewski, 1995) | 32k |.
Figura 4, 1,2,3,6,7,8 e 1,2,3,7,8,9-esaclorodibenzo-p-diossina.
Figura 5, 2,7-diclorodibenzo-p-diossina.
Diciassette di queste molecole sono
considerate estremamente tossiche per l'uomo e gli animali.
Attualmente, con il termine "diossina" si intende l'intero gruppo, la cui
tossicità come composto viene espressa in riferimento alla tossicità della
2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina, la più tossica, in I-TEQ (International Toxicity
Equivalents). Tra le 17 molecole la tossicità può variare di circa tre ordini di
grandezza: per individuare il valore in I-TEQ di una particolare miscela di
diossine/furani, la quantità di ogni singolo componente viene moltiplicata per un proprio
fattore di tossicità (I-TEF) in relazione alla TCDD; i valori ottenuti vengono quindi
sommati tra loro.
Altre sostanze possiedono caratteristiche di tossicità sovrapponibili a quelle delle
diossine, come i PCB (bifenili policlorurati,figura 6)
Figura 6, formula di struttura dei bifenili policlorurati (PCB) in cui X può essere H o Cl.
e i PCP (policlorofenoli), sia a causa del loro
contenuto di diossine come impurità, sia per la struttura chimica molto simile: tuttavia,
a differenza dei furani, essi vengono considerati separatamente dal punto di vista
tossicologico.
La TCDD allo stato cristallino è una sostanza solida inodore, di colore bianco, con punto
di fusione di 307°C, termostabile fino a 800°C, liposolubile, resistente ad acidi ed
alcali. È chimicamente degradabile in pochi giorni dalla radiazione solare ultravioletta
in presenza di donatori di ioni idrogeno (ad esempio a contatto con il fogliame verde
delle piante): se invece viene dilavata nel terreno, si lega al materiale organico ivi
presente e viene degradata molto lentamente, nell'arco di parecchi mesi o anni (Abelson,
1983).
Tra le diossine, la TCDD è la molecola dotata di più spiccata tossicità, esplicando una
ampia gamma di effetti specie- e tessuto-specifici come, ad esempio, induzione a
trasformazione neoplastica; tossicità a carico del sistema immunitario, del fegato, della
pelle; azione mutagena ed embriotossica, nonché un evidente potere di induzione a carico
delle monossigenasi epatiche.
Le conoscenze più recenti sul meccanismo d'azione della diossina hanno chiarito il ruolo
di "perturbatore ormonale" di questa sostanza, con tutte le gravissime
implicazioni che ne conseguono: di fatto la TCDD (unitamente ai suoi congeneri) possiede
la facoltà di interagire con l'espressione del patrimonio genetico delle cellule,
attraverso la mediazione di alcuni recettori (Poland & Knutson, 1982;Hoffman, 1991;
Perdew, 1992; Dolwick, 1993).
Ciò determina l'attivazione o la repressione di particolari geni, interferendo con
l'azione degli ormoni endogeni. In questo modo si spiega l'enorme varietà di effetti
indotti dalla diossina in specie animali diverse, a seconda del sesso, dell'età e del
patrimonio ereditario dei soggetti esposti, in quanto l'azione di questa sostanza dipende
dalla natura e dalla quantità dei recettori, come pure dallo stato fisiologico dei
tessuti bersaglio (es. tessuti fetali in differenziazione, estremamente sensibili a
variazioni nell'equilibrio ormonale).
Le diossine ed i dibenzofurani si formano come sottoprodotti indesiderati nella
preparazione industriale di erbicidi clorofenossilici (acido 2,4,5 triclorofenossiacetico,
noto anche come "Agente Orange", diserbante usato a fini bellici in Vietnam) o
di composti intermedi (figura 7)
Figura 7, esaclorofene e triclorofenolo.
di sintesi di disinfettanti (esaclorofene).
Questi processi avvengono a pressione e temperatura elevate, in ambiente alcalino, ovvero
condizioni potenzialmente favorevoli alla formazione di TCDD. Inoltre, come solvente di
reazione viene impiegato glicole etilenico, in grado di formare polimeri instabili, la cui
degradazione, fortemente esotermica, può innalzare la temperatura e la pressione nel
reattore in modo incontrollato portando alla sintesi di notevoli quantità di diossina e
con rischi di apertura delle valvole di sovrappressione (Milnes, 1971; W.H.O., 1989).
Tale meccanismo è ritenuto causa degli incidenti di Bolshover (UK) nel 1971 e di Seveso
nel 1976 (W.H.O., 1989). In quest'ultimo caso, a seconda delle stime, vi è stata
diffusione di una quantità di TCDD variabile tra qualche centinaio di grammi e qualche
chilogrammo, la cui ricaduta ha provocato la contaminazione e la successiva evacuazione di
una vastissima area urbana, la strage di migliaia di animali domestici e conseguenze sulla
popolazione che saranno oggetto di studio e di dibattito ancora per molto tempo
(Biacchessi, 1995).
Nel 1971, a Times Beach (Missouri), vennero nebulizzate grandi quantità di olio esausto,
al fine di impedire il sollevamento della polvere da strade sterrate e arene per
equitazione: l'olio era stato fraudolentemente contaminato da fondi di reattore contenenti
elevate quantità di diossine, provenienti da un impianto per la produzione di erbicidi.
Le conseguenze furono molto gravi, con estese morie di animali domestici (tra i quali 72
cavalli) e selvatici, accompagnate da diversi episodi di cloracne nei bambini. La
cittadina di Times Beach venne evacuata nel 1981 a causa dell'inefficacia degli interventi
di decontaminazione (Environmental Research Foundation, 1991).
FONTI DI DIOSSINA
Le diossine di per sé non rivestono alcuna
utilità pratica, e non sono mai state un prodotto industriale. Sono tuttavia reperibili
pressoché ovunque nell'ambiente: possono essere isolate nel tessuto adiposo di un animale
dell'Antartide come nel terriccio di una foresta (Berry et al., 1993) . Ciò è dovuto
alla elevata stabilità chimica e all'uso indiscriminato fatto nel recente passato di
elevatissime quantità di prodotti chimici contaminati. In pochi decenni, centinaia di
migliaia di tonnellate di PCB (bifenili policlorurati, figura 7) e PCP (pentaclorofenoli),
contaminate da quantità variabili di diossine, sono state impiegate nell'industria (i
bifenili come oli isolanti e termoconduttori nell'industria elettrica ed elettronica, i
clorofenoli come additivi antimuffa nelle vernici e come impregnanti per il legno) e di
conseguenza disperse in ambiente.
Il problema della presenza delle diossine nell'ambiente è molto più complesso di quello
che potrebbe sembrare ad un primo esame. Due dati sono particolarmente significativi:
1) alcuni Autori sostengono che, sommando tutte le fonti conosciute di diossine, si riesca
a giustificare non più del 10% della quantità totale stimata presente in ambiente
(Meharg & Osborn, 1995);
2) le diossine possono essere rinvenute anche in strati geologici risalenti ad epoche
preindustriali, anche se in minime quantità. E' probabile quindi che una parte della
diossina rinvenibile in ambiente possa avere avuto origine da fonti non ancora chiaramente
individuate, sia di origine antropogenica che naturale. In effetti è stato dimostrato che
le diossine si possono formare in molti processi di combustione con presenza molto bassa,
anche se non nulla, di precursori clorurati (motori a combustione interna di auto, navi ed
aerei, stufe e caminetti domestici, incendi forestali).
Anche la fermentazione anaerobica da parte di alcuni microorganismi naturalmente presenti
nell'humus sembra portare alla sintesi di quantità non trascurabili di diossine (Gribble,
1994). E' comunque da sottolineare che la discussione scientifica sull'argomento
dell'origine naturale delle diossine è vivissima ed ancora molto aperta: alcuni degli
elementi a sostegno delle possibili origini naturali della diossina provengono da studi
della multinazionale chimica Dow Chemical (Bumb et al., 1980), contestati nel metodo e
nella sostanza (Kimble & Gross, 1980). Comunque sia, l'incuria e la superficialità
dell'uomo sono le sole cause della elevata concentrazione di diossina riscontrabile nelle
vicinanze di inceneritori tecnicamente obsoleti o mal funzionanti, come pure in
corrispondenza di complessi industriali che non abbiano adottato severi mezzi di
prevenzione e di trattamento dei reflui (inceneritori, cartiere, fonderie, raffinerie,
impianti per la sintesi di materie plastiche) (W.H.O., 1989; U.S. EPA, 1994; Greenpeace,
1996). E' un dato di fatto che l'andamento della concentrazione di diossine nei sedimenti
lacustri e marini è temporalmente e quantitativamente correlato con la diffusione di
composti clorurati industriali nell' ambiente, piuttosto che l'utilizzo generalizzato del
carbone come combustibile (Czuczwa et al., 1984a,b, 1985, 1986; Hagenmaier et al., 1986;
Smith et al., 1992). Di conseguenza, pur essendovi delle concause, è l'uso indiscriminato
dei prodotti di sintesi che ha contaminato l'intero pianeta con le diossine (U.S. E.P.A. -
1994).
Attualmente, bandito l'utilizzo dei più pericolosi organoclorurati dai processi
industriali e dalle tecniche agronomiche, la fonte accertata maggiormente significativa di
diossine consiste nei processi inefficienti di combustione, specialmente in presenza di
elevate quantità di sostanze clorurate (basti pensare all'incenerimento dei rifiuti
solidi urbani e dei rifiuti ospedalieri, caratterizzati dall'elevatissima percentuale di
imballi e prodotti usa-e-getta in gran parte realizzati in PVC (Polivinile Cloruro). Gli
impianti destinati alla termodistruzione di questi rifiuti lavorano spesso in condizioni
tecniche inadeguate per carenze di progetto o di manutenzione. E' stato dimostrato come
l'emissione di diossina da parte di un inceneritore possa dipendere in gran parte da
inadeguati parametri di funzionamento e solo in seconda battuta dalla concentrazione di
cloro nei materiali combusti. Per quanto riguarda il contributo dei motori a combustione
interna, una recente indagine ha potuto verificare che i motori a ciclo Diesel di una nave
portacontainer producono annualmente una quantità di diossina pari a 79 mg I-TEQ
(Rapporto TNO 51115, 1992).
L
A DIOSSINA:UN SOTTOPRODOTTO DELL'INDUSTRIA DEL CLOROLe diossine vengono generate come sottoprodotti
non voluti di numerosi processi di produzione, utilizzazione e smaltimento del cloro e dei
suoi derivati. Le emissioni industriali di diossine possono essere trasportate per grandi
distanze dalle correnti atmosferiche, e, in misura minore, dai fiumi e dalle correnti
marine.
Questa è la ragione della presenza di diossine in tutto il mondo. Anche se la loro
produzione cessasse, i livelli già presenti nell'ambiente impiegherebbero anni prima di
diminuire. Le diossine infatti sono sostanze persistenti, per la cui degradazione sono
necessari decenni o secoli, e che possono essere riciclate continuamente in diversi
comparti ambientali.
L'esposizione dell'uomo alle diossine ha luogo quasi esclusivamente attraverso
l'assunzione di cibo, soprattutto carne, pesce e latticini. In casi di esposizione di
soggetti a concentrazioni particolarmente elevate di diossine (ad esempio per esposizione
accidentale o sul lavoro), si è potato constatare la capacità di questi composti a
ridurre la fertilità, le capacità di sviluppo e quelle di immunodifesa oltre che
l'insorgenza di tumori. I risultati di recenti studi dimostrano che le concentrazioni di
diossine nei tessuti umani nella popolazione generale (dei paesi industrializzati) hanno
già raggiunto o quasi livelli ai quali si possono verificare effetti negativi sulla
salute. Le più recenti ricerche sugli effetti delle diossine sugli organismi viventi
includono:
1) elevata sensibilità degli embrioni e dei feti di pesci, uccelli, mammiferi e uomo agli
effetti tossici delle diossine. Per quanto riguarda l'uomo, gli effetti sullo sviluppo,
osservati dopo un'esposizione accidentale elevata, comprendono: mortalità prenatale,
riduzione della crescita, disfunzione di organi quali il sistema nervoso centrale (ad
esempio, danni allo sviluppo intellettivo), alterazioni funzionali, ivi inclusi effetti
sul sistema riproduttivo maschile.
2) alterazioni cellulari del sistema immunitario, variazioni nei livelli di testosterone
(ormone sessuale maschile), nonché variazioni nella produzione di altri ormoni ed enzimi,
possono verificarsi nell'uomo già a livelli (carichi corporei) di diossine attualmente
riscontrati nella popolazione generale dei paesi industrializzati, o a concentrazini molto
vicine a questi. Per soggetti la cui esposizione alla diossina è più elevata della media
(dovuta, per esempio, ad una dieta prevalente a base di pesce o mammiferi marini), i
rischi di effetti negativi quali la possibilità di riduzione del numero di spermatozoi,
danni al sistema immunitario ed endometriosi, sono più elevati.
3) Gli effetti biologici delle diossine sembrano dipendere più dalla loro presenza in
particolari organi e/o stadi vitali piuttosto che dall'entità quantitativa
dell'esposizione. Studi di laboratorio hanno dimostrato che l'esposizione a dosi
bassissime di diossina durante un periodo critico brevissimo nel corso della gestazione è
sufficiente ad influire negativamente sulla salute del feto.
4) Nei paesi industrializzati, i livelli di diossina presenti nel latte umano fanno spesso
sì che i lattanti assumano quantità di diossina di gran lunga superiori alla TDI
proposta dall'OMS. Questo fenomeno è ancor più preoccupante se si considera che le stime
dei rischi alla salute dovuti alle diossine non tengono conto di altre sostanze chimiche,
quali i bifenili policlorurati (PCB), alle quali siamo esposti. La presenza contemporanea
di questi composti in un organismo può indurre effetti cumulativi o addirittura sinergici
rispetto a quelli indotti dai singoli inquinanti.
5) La diossina è cancerogena per l'uomo e per gli animali. L'EPA ha stimato che l'attuale
esposizione di fondo della popolazione generale alle diossine determina un rischio di
contrarre tumore variabile da 1/1.000 a 1/10.000 cittadini.
NORMATIVE INTERNAZIONALI
L'eliminazione graduale di sostanze inquinanti persistenti, tossiche e bioaccumulative dall'ambiente è stata già affrontata in diverse sedi internazionali. Nel corso dell terza Conferenza Internazionale sul Mare del Nord (1990), si convenne sulla necessità di ridurre l'emissione la diossine ed altri composti del 70% o più; nel 1992 i membri della Convenzione di Parigi riconobbero la necessità di eliminare gradualmente quelle sostanze tossiche persistenti e soggette alla bioaccumulazione provenienti da fonti situate sulla terraferma; la Convenzione di Barcellona (1993), ha raccomandato la cessazione graduale delle immissioni nel Mar Mediterraneo da fonti terrestri di composti organoalogenati entro il 2005; la Commissione Congiunta Internazionale dei Grandi Laghi (IJC), ha esortato gli Stati Uniti ed il Canada ad iniziare una graduale eliminazione del del cloro o composti clorurati dai processi industriali (IJC 1992, IJC 1994).
EMISSIONE DI DIOSSINE IN ITALIA
Lo stato della ricerca su fonti di emissione di diossine e loro implicazioni sulla vita sociale in Italia sono decisamente scarse e frammentarie. Unica eccezione in termini di quantità dei dati e follow-up dei lavori, è rappresentata dalla ricerca sulla popolazione di Seveso , dove, nel 1976, migliaia di cittadini furono esposti ad elevatissime concentrazioni della forma più tossica di diossina. La pubblicazione dei dati epidemiologici relativi all'incidenza tumorale nei residenti di Seveso e zone limitrofe eleborati nel decennio 1976-1986 pubblicati lo scorso anno dal Prof. Bertazzi hanno aggiunto un importante tassello nel determinare la correlazione tra esposizione alla diossina e l'insorgenza di alcune forme tumorali nell'uomo. Se si escludono pochi altri episodici casi di determinazione delle diossine al camino di alcuni inceneritori, null'altro è dato sapere circa la produzione e rilascio di diossine da attività industriali. La ricerca pubblicata dall'EPA, ci può fornire lo spunto per azzardare stime approssimative circa l'emissione di diossine dalle maggiori fonti di rilascio.
INCENERITORI
In Italia gli impianti di incenerimento dei
rifiuti solidi urbani (RSU) censiti al 1991 dal Ministero dell'Ambiente, erano 204, di cui
2 trattavano solo rifiuti urbani, 38 rifiuti misti (urabni e speciali) e 164 rifiuti
speciali. In totale vengono incenerite 43.000 t/a di rifiuti urbani, 1.162.000 t/a di
rifiuti misti e 707.000 t/a di rifiuti speciali per un totale di 1.912.000 di rifiuti
incenereti annualmente pari al 7,3% del totale dei rifiuti prodotti. Le regioni che
maggiormente utilizzano la termodistruzione dei rifiuti sono Veneto (240.000 t/a),
Lombardia (180.000 t/a), Lazio (120.000 t/a), Toscana (115.000 t/a) e Campania (77.000
t/a).
Un calcolo approssimativo circa le emissioni totali di diossine e composti simili (furani
e PCB) in Italia, si può azzardare considerando la quantità di rifiuti inceneriti e
applicando alcuni valori di emissioni minime e massime rilevate da studi condotti sugli
impianti di incenerimento di rifiuti misti di Padova. Ovvianmente la stima presenta un
ampia variabilità e per poter arrivare a stime più precise si dovrebbero affettuare
regolari ricerche di analisi ai camini di tutti gli inceneritori esistenti.
Min.(g/anno) Max (g/anno)
PCDD (policlorodibenzo-p-diossine) 13,2 61,6
PCDF (policlorodibenzo-p-furani 130 202,7
PCB (policlorobifenili) 994,2 24664,8
TOTALE 1137,4 24929,1
TOTALE (TEQ)* 11,4 250,3
(TEQ è una misura convenzionale che rapporta il quantitativo totale di diossine alla loro forma più tossica, la tetraclorodibenzodiossina o TCDD)