Mentre Van Gogh dà una visione molto suggestiva nei dipinti
in cui rappresenta la pianta dell'ulivo, tramite dei colori molto vivaci
e dei tratti marcati, Pascoli rende il tutto molto più semplice ma significativo,
dando all'albero un altro tipo d'immagine. La poesia "La Canzone dell'Ulivo" fa parte della raccolta "Canti di Castelvecchio". Pascoli vive in questo posto bellissimo, si lega molto alla gente del luogo e percepisce l'amore che essa ha per la propria terra. Il poeta sente molto la bellezza dell'ulivo; il mondo era più legato alle tradizioni, infatti l'ulivo veniva visto come il segno della pace, della luce e della morte (i suoi rami venivano bruciati perfino nella tradizione di carnevale). Inizialmente,- "A' piedi del vecchio maniero...."-, l'ambientazione offre un aspetto triste e di solitudine, dove tutto appare statico e privo di vita. Con la piantagione dell'ulivo tutto cambia, tutto rinasce. Illuminando il paesaggio circostante, riesce a donargli, con la sua semplicità, un bagliore gaio e vivace. Il valore che il poeta vuole esprimere nella seconda strofa è quello che l'ulivo riesce a donare un'influenza positiva, con la sua energia vitale, a tutto ciò che lo circonda. Rammentando i colori dell'estate, con il suono piacevole che offre la natura -"lo assordano l'ebbre cicale col grido solivo..."- e con i suoi abitanti -"dov'erri la pecora, e rauco la chiami l'agnello..."-, la pianta ha un'azione benefica ed è per questo che deve fissarsi nel terreno e crescere forte e duratura nel tempo, con il vigore dell'aria e la forza del sole -"Qui radichi e cresca! Non vuole, per crescere, ch'aria, che sole, che tempo, l'ulivo!"- (terza strofa, versi 31-32-33). L'impressione che ha il lettore nella quarta strofa è quella di un significato di forza: le radici della pianta sono fissate saldamente nel terreno ed i suoi rami, con le sue foglie argentee, sono rivolti al cielo -" Nei massi le barbe, e nel cielo le piccole foglie d'argento!"-. Come possiamo notare c'è un paragone con due elementi fondamentali, ma anche opposti, che stanno alla base del mondo: la terra ed il cielo. Nella quinta strofa, è come se l'autore cambiasse il ruolo dell'ulivo, donandogli la funzione di tempo che passa, di generazioni che si susseguono, di eternità -"Noi mèsse pei figli, noi, ombra pei figli dè figli, piantiamo l'ulivo!"-. Ha come un valore d'infinità, come se la vita trascorresse e l'albero fosse un punto fisso in mezzo a tutto il resto. Nell'ultima parte della poesia viene descritta la morte, vista non come la fine di tutto, ma come l'inizio di una pace eterna e sublime (nei componimenti del Pascoli, è sempre presente il richiamo della morte della madre). Con gli ultimi versi -" ma nutri il lumino soletto che, dopo, ci brilli sul letto dell'ultima pace!"- il poeta vuole esprimere che l'olio, ciò che alimenta il lume, è la luce, fondamentale nella vita (l'olio veniva bruciato nelle lampade di terracotta poste all'interno delle tombe; questa pratica risaliva perfino agli etruschi). L'ulivo diventa il simbolo del futuro....è come magia! In conclusione, il tema fondamentale che si snoda sull'intera poesia è la natura, e tutto il componimento, come gli altri appartenenti alla raccolta, gira attorno al suo legame con l'ambiente di Castelvecchio. L'immutabile ciclo naturale (alludendo alle stagioni, l'estate quella presente nella poesia analizzata) si presenta come un rifugio rassicurante e consolabile dal dolore e dall'angoscia dell'esistenza storica e sociale. |
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Note (E. Tosto) |