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Jack London
Martin Eden

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Martedì fu un giorno di stessa incessante fatica. La velocità con cui Joe lavorava conquistò l’ammirazione di Martin. Joe lavorava come una dozzina di demoni. Lui era modulato come un diapason da concerto e non c’era mai un momento nel lungo giorno in cui non combattesse istante per istante. Concentrava se stesso sul lavoro e su come si potesse guadagnare tempo, facendo notare a Martin che lui faceva in cinque gesti, ciò che poteva essere fatto in tre, o in tre gesti quello che poteva essere fatto in due.
"Eliminazione di un movimento inutile" Martin espresse questo concetto in base a ciò che guardava e metteva in atto. Egli era un buon lavoratore, svelto e lesto, e aveva sempre un punto d’orgoglio, cioè nessuno avrebbe fatto qualcosa del suo lavoro per lui o lo avrebbe fatto meglio di lui. Come risultato egli si concentrava con una analoga unicità di proposito afferrando avidamente consigli e suggerimenti venuti fuori dal compagno di lavoro.
Stirava colletti e polsini, togliendo l’amido, fra i due strati di lino, così che non ci sarebbe stato nessun rigonfiamento al momento della stiratura e lo faceva ad una velocità tale da provocare l’ammirazione di Joe.
"Io ai tropici e senza vestiti" Martin rise
"E io senza lavoro" Joe rispose serio
"Io non so fare nient’altro se non accuparmi di una lavanderia
"E lo sai fare bene"
"Io ho iniziato nella costa Contra dell’Oakland quando avevo 11 anni e facevo ruotare lo strizzatoio. Sono passati 18 anni e io non ho mai fatto nient’altro. Tenere stretto questo lavoro è la cosa più bella che abbia mai fatto. Ci dovrebbe essere almeno un uomo in più. Noi lavoriamo domani notte, facciamo sempre correre lo strizzatoio mercoledì notte, su colletti e polsini."
Martin sistemò la sua sveglia, si avvicinò al tavolo e aprì Fiscke, ma non finì il primo paragrafo. Le righe si offuscavano e correvano tutte insieme. La sua testa camminava su e giù colpendosi il capo selvaggiamente con dei pugni, ma non poteva vincere il torpore del sonno. Aveva il libro davanti a se, puntellò le sue palpebre con le dita e cadde addormentato con gli occhi aperti. Allora si arrese e cosciente di ciò che faceva si tolse il vestito e si mise a letto.
Dormì per sette ore di sonno pesante, si svegliò al suono della sveglia, sentendo di non ever dormito abbastanza.

INIZIO

COMMENTO A MARTIN EDEN
Il rapporto tra Martin e il suo lavoro è piuttosto contrastante. La necessità di lavorare e la voglia di poter studiare non possono coesistere con il lavoro di lavandaio. Il lavoro presenta dei pericoli di carattere fisico (i detersivi e le macchine), ma i problemi che il lavoro crea a Martin sono prettamente psicologici. Il lavoro è molto stancante e Martin non può dedicare allo studio tutto quel tempo che si era prefissato. La sera cerca in tutti i modi di leggere ma il sonno ha il sopravvento e Martin vive il suo lavoro con la speranza che vi sarà un giorno in cui lavorerà poco per poter leggere la sera. Il pericolo con cui convive giornalmente non sono solo i detersivi, ma il tempo che il suo lavoro gli porta via e la stanchezza che lo fa addormentare sui libri. Il lavoro gli causa preoccupazioni: deve combattere ogni giorno, ogni istante perché quello che farà durante la giornata lavorativa, influenzerà la sua attività di studio. Il lavoro di Martin è quindi molto logorante sotto l'aspetto psicologico, mentre l'aspetto fisico del lavoro non risulta avere una grossa rilevanza. Spesso questa oppressione psicologica prende il sopravvento con ripercussioni anche di carattere fisico, infatti la notte non riesce a dormire e non può nemmeno leggere dalla stanchezza.